Ero pronta.
Dopo la malattia che aveva colpito mia madre, una malattia terribile per la quale non esistono cure
e che l'ha tenuta "in vita" in un calvario durato due anni, ero pronta.
Pronta a riprendere in mano la mia Vita.
Non senza sensi di colpa: Mia madre era morta da 15 giorni e io pensavo già a rimettere ordine nella mia quotidianità.
Egoisticamente, ma con un dolore immenso nel cuore perchè avevo perduto un punto di riferimento nella vita, sentivo prepotentemente il bisogno di riprendere la quotidianità della vita di tutti i giorni, della mia famiglia e ritrovarci nella sicurezza delle nostre abitudini.
Avevamo bisogno, tutti,di riprendere a fare progetti per il futuro, cose mica di grande importanza, ci bastava anche solo pensare alle ferie ... e ... caspita,
il primo anno che l'ufficio dove lavoro avrebbe chiuso per 10 giorni era l'occasione giusta per organizzare una vacanza in montagna per rigenerarci.
Ero barca ritornata in porto pronta a riprendere il viaggio della mia vita.
Ma qualche sera dopo, mentre ero sotto la doccia mi sono soffermata, trattenendo il respiro,
con la mano su una zona del seno....un.... nodulo?!.....
Ma che scherziamo?!
No, non può essere, non può succedere proprio a me.....
Sono rimasta immobile e incredula, sotto l'acqua della doccia che scorreva sul turbinio
di pensieri che affollavano la mia mente.
Ripassai la mano cautamente sulla zona pensando e sperando di essermi sbagliata,
pensando che le mie dita non avessero sentito bene....
Ma non era così: era proprio un nodulo piuttosto evidente ,
di dimensioni non proprio piccole, direi.
Passarono i giorni e iniziai il percorso di visite, prelievi
e tutto quello previsto in questi casi.
Con la conferma del risultato della biopsia si era
azzerato tutto: il Futuro era diventato solo una parola,
senza dimensione, senza possibilità di essere quantificato.
Il mio Futuro ora era il "giorno successivo",
non lo riuscivo a vedere oltre,
un Futuro talmente corto che non riuscivo più nemmeno
a programmare un'uscita in pezzeria con gli amici.
Niente.
Il Futuro ora sarebbe stato forzatamente
accantonato dai miei pensieri per un tempo indefinito.
La Vita, il destino o, come preferivo chiamarla io, la "sfortuna"
mi imponevano una nuova rotta,
dovevo riprogrammare le coordinate del viaggio.
Ero barca ancorata al porto, pronta a salpare, baldanzosa piena di idee
e progetti, carica di speranza per il futuro, e ora tutto sie era azzerato.
E rimanevo barca ferma nel porto senza parlare
con una profonda ferita nel cuore
e una rabbia incontenibile verso questa parte di me che,
indisturbata, faceva i suoi comodi .
Ma, in fondo, ci speravo ancora, io barca, aspettavo che qualcosa cambiasse per
prendere il largo e prima o poi riuscire a salpare.
Avevo un cancro.
Iniziai un viaggio in questo mondo nuovo a me finora sconosciuto,
dove incontro medici-angeli che scelgono le armi con le quali combattere.
E io sì, c'ero.
Ero pronta anche per iniziare questo percorso.
Mi abbracciai alla mia chemio e iniziai questo cammino in salita.
Avevo la mia famiglia che mi seguiva, sempre, snche se spesso
silenziosamente e anche con preoccupazione,
più d'un'amica s'è persa per strada
o ha preferito lasciarmi ad affrontare il tutto da sola.
Fiera come un soldato che combatteva una battaglia,
sempre abbracciata alla mia chemio, andavo avanti
affrontando ogni giorno , un passo dopo l'altro, questo viaggio.
I mesi passavano, passavano le terapie con gli inevitabili effetti collaterali,
è passato l'intervento, è passata la radioterapia, ma io mi sentivo sempre
barca ancorata al porto: avevo un viaggio da iniziare ,
ma ancora non potevo ripartire , non ero pronta...
Iniziai a sentirmi barca destinata a rimanere ferma lì nel porto
ancora per chissà quanto,
non pensavo più a ripartire, non pensavo più di avere una vita da riprendermi,
non pensavo più che avevo dei sogni, dei progetti.
Ero ferma, cullata dal leggero movimento delle piccole onde del porto.
Vedevo altre barche partire, ma ora preferivo rimanere e lasciarmi cullare,
preferivo sentirmi al sicuro nel porto saldamente imprigionata dalle
catene del "pensiero del cancro" che nel frattempo si era intrufolato nell'anima
e che mi teneva legato a sè.
Ma era tempo di iniziare un altro cammino in salita...
ma quanto saliva questo sentiero? ....
e.... ne avrei mai visto la cima?!
Cosi, con a fianco un altro medico-angelo percorriamo quest'altra salita,
a volte cado, spesso piango, ma poi mi rialzo e continuo ad andare.
Il percorso è ancora lungo, la meta lontana, ma la parola "FUTURO"
inizia ad affacciarsi timidamente nella mia mente.
Io barca ancorata, inizio a sentire il desiderio di "futuro" e posso
e voglio iniziare a considerarlo di nuovo parte della mia vita e dei miei pensieri.
E io barca guardo il mare, ora calmo,
che mi invita a lasciare gli ormeggi, parto lentamente ,
senza fretta: sono ancora un pò ammaccata dalle
battaglie dei mesi passati.
Scruto davanti a me il mare aperto, guardo l'orizzonte
fino a dove gli occhi possono vedere e fino a dove non
si riesce a distinguere la linea che separa il mare dal cielo,
ne sono certa: è là che è il Futuro.
E' là che dovrò puntare il timone e dirigermi.
So che dovrò affrontare ancora delle tempeste,
ma sono pronta:
è ora di iniziare il viaggio per riprendermi la Vita.
.